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E per chi non può andare ad Amsterdam...

Ragazzi, mi è stato segnalato da un mio amico ( Grazie Giacomino!!! ) il link del Tour virtuale del Museo di Van Gogh ad Amsterdam...
Ve lo riporto di seguito:


ecco una foto dell'entrata :) 


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Le nuove verità.

Ho trovato un articolo di giornale in cui si spiega, secondo il parere della giornalista, come Vincent sia arrivato a tagliarsi l'orecchio e perchè.


Un quadro, una lettera, un indizio
Risolto il mistero dell’orecchio di Van Gogh

Un quadro, una lettera, un indizio <br/> Risolto il mistero dell’orecchio di Van GoghUn gesto estremo in preda alla follia. Il tragico epilogo di un litigio con l’amico Gauguin. Il giallo del taglio dell’orecchio di Vincent Van Gogh ha visto negli anni molti studiosi affannarsi per trovare una risposta. Oggi la chiave del mistero sembra essere stata individuata in una lettera dipinta in suo quadro. Così, ecco la nuova ipotesi: “si tagliò un orecchio per fare un dispetto al fratello”.
di Adriana D’Agostino
Nessuno se ne era mai accorto. Forse perché troppo intenti ad ammirare la folle e splendida pennellata del dipinto, ma gli occhi degli estimatori non si erano mai posati sul particolare di quella busta. Eppure era sempre stata lì, a destra del desolante ma essenziale piatto di cipolle, ma bene in vista. Molto visibile. Come un segnale. Come un indizio.
Chi l’avrebbe mai detto che la presenza di quella busta nella natura morta “Tavolo con cipolle”, in realtà portava con sé la soluzione di uno dei misteri più curiosi della storia contemporanea: quello sull’automutilazione dell’orecchio di Vincent Van Gogh.
gogh010 
Che il grande pittore olandese avesse perso parte del suo orecchio sinistro è un dato di fatto testimoniato da tutti. Lo stesso Van Gogh lo ha immortalato nel corso degli suoi ultimi mesi di vita in non pochi autoritratti. Ma il perché del gesto estremo non ha mai trovato un’unica ed unanime spiegazione. Almeno fino ad oggi. Una nuova ipotesi sul giallo del taglio dell’orecchio è stata avanzata in questi giorni dallo studioso inglese Martin Bailey e pubblicata sul The Art Newspaper. Bailey, già curatore di due mostre su Van Gogh e autore di un libro sulla sua vita, sostiene che l’artista, all’epoca già scosso da precarie condizioni psichiche, avrebbe agito violentemente sul suo corpo perché sconvolto dalla notizia delle imminenti nozze di suo fratello Theo. Theodore Van Gogh, famoso commerciante d’arte ed unico, vero sostegno di Vincent, dal punto di vista economico, artistico ed umano. Il pittore temeva che una volta sposato, l’amato fratello non avrebbe più avuto modo di occuparsi di lui. Così, disperato, pensò di tagliarsi un orecchio per esprimere tutto il suo dolore e per attirare l’attenzione di Theo che, infatti, subito dopo l’incidente, si precipitò ad Arles, città dove Vincent viveva, per assisterlo. Pochi giorni dopo, ripresosi dall’automutilazione, il genio olandese avrebbe realizzato la natura morta del 1889 dipingendo, tra i vari oggetti sul tavolo, la lettera con la quale era stato informato del matrimonio di Theo. Van Gogh avrebbe quindi riprodotto fedelmente, nei minimi dettagli, quella missiva che lo aveva tanto scioccato per fermare in un quadro il momento di crisi che aveva vissuto a causa di quella notizia.
Analizzando la busta della lettera, spiega ancora Bailey, è possibile riconoscere timbri postali ed indirizzi che riconducono al domicilio parigino di Theo e alla data del dicembre 1888. In effetti, varie fonti testimoniano che il taglio dell’orecchio sarebbe avvenuto qualche giorno prima di Natale e, molte altre, confermano che Theo Van Gogh avvertì tutta la famiglia del suo imminente matrimonio, inviando nel mese di dicembre, una serie di lettere da Parigi.
La nuova verità che scagiona Gauguin
Per avvalorare ulteriormente la sua tesi, lo studioso Bailey ha raccontato di aver studiato per mesi le lettere inviate da Theo Van Gogh alla madre ed alla fidanzata Johanna Bonger. In molte di queste, Theo racconta di come il fratello avesse preso male la notizia del suo fidanzamento, tanto da dirgli che aveva sbagliato a porre il matrimonio come obiettivo principe della sua vita. Questa teoria, così puntualmente ricostruita da Bailey, contrasterebbe con l’ultima delle ipotesi prese in considerazione in questi anni sul mistero del leggendario taglio. Rita Wildegans, storica dell’arte ad Amburgo, dopo anni di ricerche, nel 2001 arrivò a sostenere che fu il pittore francese Paul Gauguin, in preda ai fumi dell’assenzio, a mutilare Van Gogh con un colpo solo, con la sua nota destrezza di spadaccino. Ma partiamo dal principio. Poco dopo il suo trasferimento nella cittadina di Arles nel dicembre del 1888, Van Gogh accolse nel suo appartamento ed ospitò per qualche tempo l’amico Paul Gauguin, con il quale condivideva una vita fatta di arte, ma anche di pochi soldi e, soprattutto nel caso di Vincent, di profonda depressione. Pare che insieme trascorressero intere notti tra bevute e bordelli e che avessero in comune la passione per una prostituta di nome Rachel. Probabilmente fu proprio per contendersi questa preferita che, i due, arrivarono alle mani la notte di Natale in un momento di poca lucidità di entrambi. Litigarono in strada, poi nell’appartamento. Il mattino dopo la polizia trovò Van Gogh svenuto a casa in una pozza di sangue. Gauguin se era già andato. Non si è mai saputo se fu il pittore francese a colpirlo o se fu lo stesso Van Gogh a recidersi un orecchio di sua mano per impressionare il rivale. In ogni caso la nuova verità messa in luce dal Bailey, scagionerebbe il pittore Gauguin, colpevole, a questo punto, solo di non aver sopportato oltre gli squilibri mentali dell’amico e di averlo abbandonato a sé stesso. Proprio quello che Van Gogh temeva di più. Di essere lasciato solo. Dalla prostituta Rachel, dall’ amico Gauguin, dal fratello Theo. Una paura che trovò sollievo solo con un colpo di pistola nel luglio1890. E che pose fine ad una vita di geniale e straordinaria solitudine.

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The Van Gogh Museum.

Ebbene si, ad Amsterdam c'è un museo dedicato tutto a Van Gogh. E' il mio sogno andarci, davvero. E ci arriverò prima o poi!

Via, un pò di parte architettonica:

Il Van Gogh Museum è un museo statale (Rijksmuseum) situato ad Amsterdam nei Paesi Bassi, in Paulus Potterstraat, 7. Possiede la più grande collezione di opere del pittore olandese Vincent van Gogh.
L'edificio principale fu progettato da Gerrit Rietveld e aperto nel 1973. L'architetto che ha progettato l'Ala espositiva è stato Kisho Kurokawa; i lavori sono stati completati nel 1999.
La collezione comprende opere che documentano le varie fasi della vita di Van Gogh, dall'infanzia, ai vari stadi emotivi, fino alla morte. Tra le opere possedute sono incluse: I mangiatori di patate, La camera di Vincent ad Arles e uno dei tre Girasoli.

Questo è il link del sito ufficiale.
http://www.vangoghmuseum.nl/vgm/index.jsp?page=paginas.talen.it




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La rivoluzione dello sguardo.

Lo so che ho promesso di parlare solo di Vincent in questo blog, ma ho scoperto che a Rovereto ( beato chi ci abita ) c'è una mostra, arrivata direttamente da Parigi, che ospita molti quadri del caro Van Gogh. Vi metto una buona descrizione.
 
La rivoluzione dello sguardo.
Fino al 24 luglio 2011, al Mart di Rovereto si potranno ammirare oltre settanta dipinti provenienti dalla più importante collezione del XIX Secolo del mondo. E’ proprio il parigino Musée d’Orsay, infatti, che conserva le opere maggiormente significative, per numero e qualità, di quegli artisti che hanno cambiato alla fine dell’800 il corso della storia dell’arte moderna: se si parla di Impressionismo e Postimpressionismo non c’è infatti raccolta più prestigiosa di quella conservata oggi nel Museo francese, un luogo fondamentale per gli studi su Monet, Cézanne, Pissarro, Sisley, Renoir, Degas, Toulouse-Lautrec, Van Gogh, Gauguin, Morisot, Vuillard, Bonnard, Denis, Courbet.
I capolavori di questi ed altri artisti sono presenti nella mostra del Mart: un’occasione unica per conoscere da vicino, attraverso opere esemplari, il più entusiasmante periodo della ricerca pittorica tra Ottocento e Novecento.
La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e post-impressionisti dal Musée d’Orsay", è stata resa possibile grazie all’accordo di collaborazione tra il Mart e il museo francese, che in fase di restauro (riapertura prevista per l’autunno 2011) ha concesso per la prima volta un nucleo così rilevante di opere in prestito per una itineranza di sole tre tappe, che ha toccato Australia, America e ora, unica sede il Mart, l’Italia.
Il progetto presenta un’eccezionale selezione di dipinti, dalla grande stagione dell’Impressionismo alla vigilia delle avanguardie: lo scandaloso realismo di Gustave Courbet nella celeberrima tela

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"L’origine du monde" (1866),

 esposta per la prima volta nel nostro Paese; la nuova visione temporale che Claude Monet introduce nella serie di dipinti dedicati alla "Cattedrale di Rouen" (1892), della quale il Mart ospita una tra le più intense versioni; la straziante solitudine di Van Gogh e della sua "Chambre ad Arles" (1889);
 clip_image002Vincent Van Gogh - La chambre de Van Gogh à Arles (La camera di Van Gogh a Arles), 1889

lo sguardo introspettivo, declinato al femminile,

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Berthe Morisot: Le berceau (1873) - Paris, Musée d'Orsay

di Berthe Morisot, il cui dipinto "Le Berceau" (1873) fu presentato con scandalo alla prima mostra del’Impressionismo nel 1874 a Parigi;

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Paul Gauguin - Femmes de Tahiti (Due donne tahitiane), 1891


l’esotismo di Paul Gauguin con le "Donne di Tahiti" (1891); e poi, lo sguardo di Degas sulla danza e
Maurice Denis (1870-1943) Omaggio a Cézanne1900 Olio su tela cm 180 x 240 Parigi, Museo d'Orsay Donazione André Gide, 1928

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l’"Omaggio a Cézanne" (1900) di Maurice Denis,

 testimonianza di una fedeltà all’artista da molti considerato il più importante di quell’epoca.
Questi sono solo alcuni degli straordinari capolavori presenti nella mostra, che segue un percorso tematico, attraverso appunto quella “rivoluzione dello sguardo”, che gli artisti impressionisti e post-impressionisti tra Ottocento e Novecento hanno aperto alla visione della modernità.
L’esposizione La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e post-impressionisti dal Musée d’Orsay, ideata e curata da Guy Cogeval, presidente del Musée d’Orsay, e Isabelle Cahn, con la direzione scientifica di Gabriella Belli, direttore del Mart, propone dunque una rilettura di quel cruciale passaggio che ha preparato il terreno alle avanguardie artistiche europee del primo Novecento.
Fonte

clip_image006Claude Monet - Essai de figure en plein- air femme à l'ombrelle tournée vers la droite, 1886

clip_image007Pierre-Auguste Renoir - La Balançoire (L'altalena), 1876

clip_image008Paul Cézanne - Portrait de l'artiste (Autoritratto), 1875

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Claude Monet La cathédrale de Rouen. Le portail vu de face en 1892 huile sur toile H. 1.07 ; L. 0.74 musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn

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Claude Monet La cathédrale de Rouen. Le portail, soleil matinal en 1893 huile sur toile H. 0.922 ; L. 0.63 musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn

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Claude Monet La cathédrale de Rouen. Le portail et la tour Saint-Romain, plein soleil en 1893 huile sur toile H. 1.07 ; L. 0.735 musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn

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Claude Monet La cathédrale de Rouen. Le portail, temps gris en 1892 huile sur toile H. 1.002 ; L. 0.654 musée d'Orsay, Paris, France © photo musée d'Orsay / rmn

clip_image001 Edgar Degas Répétition d'un ballet sur la scène en 1874 huile sur toile H. 0.65 ; L. 0.81 musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn

clip_image002 Edgar Degas Danseuse espagnole et études de jambes vers 1882 pastel et crayon noir sur papier H. 0.46 ; L. 0.58 musée des Beaux-Arts, Lille, France ©photo musée d'Orsay / rmn

clip_image003 Edgar Degas Danseuse assise entre 1881 et 1883 pastel sur papier marron contrecollé sur carton H. 0.62 ; L. 0.49 musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn

clip_image004 Edgar Degas Fin d'arabesque en 1877 peinture à l'huile et à l'essence, pastel sur toile musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn

clip_image005[4] Edgar Degas Danseuses montant un escalier entre 1886 et 1890 huile sur toile H. 0.39 ; L. 0.895 musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn
clip_image006 Edgar Degas Le foyer de la danse à l'Opéra de la rue Le Peletier en 1872 huile sur toile H. 0.32 ; L. 0.46 musée d'Orsay, Paris, France ©photo musée d'Orsay / rmn

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Notte Stellata

Leviamoci questo dente via. Stando alle vostre risposte al sondaggio, parlerò della Notte Stellata. Non è detto che poi abbandoni gli altri quadri eh :D è il mio blog e comando io :D :D :D " e qui comando ioooo... e questa è casa miaaaaa " okei mi cheto.


La Notte stellata è un dipinto ad olio su tela di cm 73 x 92 realizzato nel 1889 dal pittore Vincent Van Gogh. È conservato al Museum of Modern Art di New York e rappresenta un paesaggio stellato sopra la città di Saint-Rémy-de-Provence in Francia.
Sulla data esatta dell'esecuzione di quest'opera, la maggior parte degli esperti sono concordi nel sostenere che sia stata dipinta poco prima dell'alba del 19 giugno 1889, ma su tale data non mancano le controversie. L'artista, infatti, fa esplicito riferimento all'opera Notte stellata in una lettera risalente al 2 giugno (Lettera n. 593) e l'esistenza di due lettere successive, (lettere n. 594 e n. 595 rispettivamente del 9 giugno e del 19 giugno 1889), ci porta a quasi un mese prima del 19 giugno 1889.

« […] Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del Sole, e non c'era che la stella del mattino, che sembrava molto grande. Daubigny e Rousseau hanno già dipinto questo, esprimendo tutta l'intimità, tutta la pace e la maestà e in più aggiungendovi un sentimento così accorato, così personale. Non mi dispiacciono queste emozioni. […] Credo che faresti bene a lavare quelle tele che sono ben asciutte con acqua e un po' di alcool etilico per togliere il grasso e l'essenza della pasta. Così anche per il Caffè di notte, il Vigneto verde, e soprattutto per il paesaggio che era nella cornice in noce, Anche per la Notte (ma lì ci sono ritocchi recenti, che con l'alcool etilico potrebbero spandere). […]
Per quanto riguarda la mostra degli indipendenti, mi è assolutamente indifferente, fa' come se non ci fossi. Per non rimanere assente e per non esporre qualcosa di troppo pazzo, forse potresti mandare Notte stellata e il paesaggio verde-giallo, che era nella cornice di noce. Poiché sono due quadri di colori contrastanti, forse riusciranno a dare agli altri lo spunto per ottenere effetti notturni migliori. […] »


Lettera n. 593 a Theo (2 giugno 1889)
Il riferimento al 19 giugno è basato su un breve accenno nella lettera n. 595 in cui l'artista afferma:

« […] Infine ho uno paesaggio con gli ulivi e anche uno studio di un cielo stellato. […] »


ma sembra poco per sostenere che quella notte abbia realizzato l'opera.

E’ interessante notare che ben poco si conosce dei sentimenti che van Gogh stesso nutriva per il suo quadro. Ciò e dovuto principalmente al fatto che egli lo menziona solo due volte nelle lettere al fratello Theo, e sempre di sfuggita. Anche questo concorre a creare una sorta di alone di mistero sull’opera, di certo tra le più frequentemente discusse per quanto riguarda il suo significato e la sua importanza.
“Spesso penso che la notte sia più viva e più riccamente colorata del giorno”, scrive Vincent in una lettera al fratello. Nell’opera egli cerca di rappresentare quella vita, quell’angosciosa vita, che attribuisce alla notte.
Soggetto della raffigurazione è il paesaggio di un borgo, di notte e con dei colli sullo sfondo. E’ importante notare il campanile della chiesa, che è tipico dell’Olanda, nazione natale dell’artista. In effetti, diversamente da molte altre delle opere di Van Gogh, Notte Stellata fu dipinta a memoria e non en plein air come egli era solito fare. Questo può forse spiegare, in parte, perché l’impatto emotivo dell’opera sia assai più forte che in altre opere di van Gogh dello stesso periodo.
La composizione del quadro è semplice: il cielo notturno occupa circa due terzi dello spazio della tela, mentre il terzo rimanente è occupato dal borgo e dalle colline ad esso retrostanti. Vi è un forte contrasto tra il caos del cielo e il tranquillo ordine del villaggio. Il cipresso a sinistra crea un fiammeggiante collegamento tra terra e cielo.
Scrisse van Gogh: “…guardare il cielo mi fa sempre sognare… Perché, mi chiedo, i punti scintillanti del cielo non sono accessibili come in puntini neri sulla cartina della Francia? Proprio come prendiamo il treno per andare a Tarascon o a Rouen, così prendiamo la morte per raggiungere una stella.” Dall’opera, tuttavia, non traspare la quieta rassegnazione di queste parole.
Dal punto di vista della tecnica egli usa colori puri, violenti, contrastanti tra loro, privi di gradazioni sfumate e passaggi tonali. Scie vorticose dilatano astri giganteschi e si inseguono entro cieli dal blu intenso; la notte di van Gogh è schiarita da bagliori argentei che sembrano tratteggiare le segrete geometrie dell’universo. Una magica energia sospinge il movimento delle stelle. I colori chiari sono rafforzati dall’accostamento di pennellate che vanno dall’azzurro al violetto, al blu più intenso. Con tratti precisi di color giallo, arancio e bianco, van Gogh rende l’intensa luminosità di questo notturno. Le pennellate seguono con insistenza i contorni delle figure, dilatandoli a dismisura. Tra i vortici terrorizzanti del cielo notturno, solo gli astri si presentano come punti fermi e, dunque, come elementi attorno ai quali possono gravitare il colore ed il pensiero.




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Curiosando, curiosando...

In attesa di avere altre risposte al sondaggio che vi ho posto nel post precedente , vi porto a conoscenza di alcune curiosità riguardanti la vita di Vincent.


Nascita di un grande pittore
Vincent van Gogh autoritratto 1887.JPG
Vincent Willem Van Gogh, nacque il 30 Marzo del 1853 a Groot-Zundert, un villaggio posto sulla strada che unisce Breda ad Anversa, vicino al confine tra Olanda e Belgio. Sin dall' inizio la sua vita, non fu che una successione continua di fallimenti, che lo bruciarono anzi tempo nel corpo e nello spirito. Il suo genio non fu riconosciuto e ammirato che dopo la tragica morte, avvenuta nel 1890, quando il pittore aveva 37 anni. Ma anche allora il cammino dell' Arte di Van Gogh non fu né agevole ne lineare, infatti occorsero anni e anni perché la gente lo capisse e accettasse il suo modo di dipingere così fuori dalle "regole", così personale, così "allucinato". In realtà, Van Gogh chiedeva alla pittura una cosa impossibile: svelare il mistero che c'è dietro l' apparenza delle cose, dire attraverso i colori la furia delle nostre passioni, riuscire a "fissare" il dolore del mondo. Di lui, come del suo connazionale e predecessore Rembrandt, si può dire che quando si poneva davanti allo specchio per dipingere il proprio autoritratto, lo faceva con rabbia, con disperazione, perché cercava di individuare nell' unità delle forme del volto nientemeno che la parte di Dio e la parte dell' uomo. Qualcosa semplicemente irraggiungibile. (sotto vediamo uno dei suoi celebri autoritratti del 1887, il colore sembra usato come fosse una luce, che illumina la carne dal di dentro dell' anima).


Il mistero delle due anime
La sua venuta al mondo, coincise esattamente col giorno in cui, un anno prima suo padre, che era un Pastore protestante, Theodorus Van Gogh, aveva pianto il figlio primogenito, che non era sopravvissuto al parto. La leggenda dice che la strana coincidenza, non sfuggì alla nonna paterna, la quale prese in disparte il figlio, e gli sussurrò <<Ho paura per questo bambino. Oggi fa un anno che piangemmo il tuo primogenito, ricordi? Io temo ch' egli sia nato con due anime: la sua e quella del fratello>>. Ma Theodorus, protestando vivamente con la madre, disse che era impossibile e mostruoso, pensare che in una persona potessero albergare due anime immortali. Anzi il padre andava orgoglioso di quella creatura, e anzi, per lui aveva pensato un futuro roseo e meraviglioso. Ma la sua aspettativa, andò in massima parte delusa, infatti Vincent, crebbe come un bambino scontroso, solitario e lunatico. La madre, a volte aveva con lui degli scatti di ira violenti, in quanto sembra, che non riusciva a perdonargli, che avesse preso il posto del primogenito morto, il quale doveva essere l' unico a poter portare il nome di Vincent. Quattro anni dopo la nascita di Vincent, nasceva il suo fratellino Théo, che vedremo sarà molto importante per lui.

La prima delusione d' amore ed il suo primo lavoro
La vita per Vincent era un inferno a casa, e quando compì 16 anni, il padre fu contento di mandarlo a Parigi, facendolo assumere presso la Galleria d' arte Goupil, che lo destinò in varie succursali dell' Aja e di Bruxelles. Iniziava per Vincent, che non aveva mai avuto delle inclinazioni per nulla, un periodo che anche se lui riteneva "tempo perso", era servito a fargli fare una cultura personale, si dice che molte volte litigò e polemizzò con clienti, asserendo che stavano comprando delle "croste". I titolari ormai stanchi degli atteggiamenti "strani" di Vincent, decisero di trasferirlo a Londra, dove conobbe la figlia della padrona delle camere, in cui abitava in affitto, una certa Ursula Loyer. Il pittore con parole "strambe e spiritate", riuscì all' inizio ad uscire per fare una gita con la ragazza, dicendole poi che si sarebbe ucciso se lei non l' avrebbe corrisposto in amore come lui. Dopo un breve periodo, la ragazza lo lasciò con parole dure, del tipo che non voleva stare un minuto di più con un pazzo violento e strano, e ciò ci fa capire come Vincent, reagì alla perdita del suo amore. Sicuramente il suo cervello, cominciò a farlo sragionare di più del solito. Dopo sette anni di esperienza nel campo dell' arte, esplose in Vincent, la passione della Bibbia, al punto tale che il padre gli diede il consenso per sostenere gli esami di ammissione al Seminario di teologia presso Amsterdam. Studiò come un forsennato, a volte sentiva il cervello in fiamme, ma lui non smetteva, tale era la voglia di far vedere alla sua famiglia, che non era quel figlio "inutile" di cui parlavano. Ma il 22 Luglio del 1878, data in cui vi è la prova finale, Vincent arriva esaurito da troppo studio, ed il suo esame, si conclude con un fallimento clamoroso. Ma Vincent, non si arrende al richiamo della sua "follia mistica", in quanto era convinto, che lui era chiamato a compiere una missione per conto di Dio.

L' inferno dei minatori
Vincent, si scrisse ad un corso evangelico di tre mesi a Bruxelles, al termine del quale, parti per il Borinage, una regione poverissima, che sembrava un vero e proprio inferno, "l' inferno dei minatori" veniva chiamato. Vincent, si rese conto, che lui era stato un privilegiato con i suoi abiti nuovi, e la vita che aveva vissuto, e cercò perdono verso Dio, compiendo la missione nei modi migliori, si spogliò di tutti i suoi nuovi abiti e li donò, voleva essere il più povero tra i poveri. Si concesse solo il vizio del tabacco, addirittura non vuole neanche il pane quotidiano. Il "pazzo" di Dio, così veniva chiamato, facendo tutte queste penitenze, causò il peggioramento fisico e psichico, al punto tale che il padre, venuto a sapere della situazione, l' ho strappò letteralmente alla morte, riportandolo a casa.

I colori della miseria
Dopo che si è rimesso, Vincent si innamora di una sua cugina, ma succede esattamente ciò che è accaduto a Londra, viene respinto dalla ragazza. I genitori del pittore, non sanno più cosa fare per il figlio, e l' affidano a un cugino di nome Mauve, che fa il pittore all' Aja, ma Vincent scappa da lui, asserendo che non è altro che un "imbrattatele", si rifugia presso Christine, una prostituta con figli, e sta da lei circa due anni, fino a quando il fratello Théo, non va a prenderlo, convincendolo a lasciare Christine. Inizia per Vincent, un periodo di vita oziosa, senza voglia di nulla, ma proprio in questo periodo, si verificano due episodi molto importanti per la sua futura vita: per la prima volta, Vincent affronta la "tela" come un vero pittore, cimentandosi nei dipinti ad olio. E per la prima ed unica volta in tutta la sua esistenza, riceve una "ordinazione" dodici disegni a penna. I colori che Vincent adopera con la mano che gli trema per l' emozione, sono grigi "oscuri", privi di gioia. Sono in parole semplici, "i colori della miseria", della polvere di carbone, che vela paesi e figure del Borinage, la regione povera dei minatori. (sotto vediamo i mangiatori di patate del 1885, dove il pittore denuncia la triste condizione umana dei poveri).
Vincent van Gogh I mangiatori di patate 1885.JPG

La fuga incontro al sole
Sembra che, sia iniziata una parentesi felice nella vita di Vincent, ed invece il pittore vivrà una altra parentesi amorosa, che si concluderà con il tentato suicidio di Margot, una ragazza non bella, che voleva sposarlo, ma che i propri parenti non volevano le nozze. Nella vita del pittore non c' è proprio pace, che avesse avuto ragione la Nonna, con le sue profetiche parole?... Vincent si convince, che la sola compagnia di vita dovrà essere la solitudine, e decide di partire per Parigi, dove si è stabilito anche il fratello Théo, era il 1886, e la zona è la famosa Montmartre. Rosso di capelli e di barba, "Vincent l'olandese", come lo chiamano gli artisti di Montmartre, affascina chi lo incontra, con quegli occhi brillanti ma allo stesso tempo, che mettono paura, non fatica molto a distinguersi tra i tanti. Ora, improvvisamente, è stanco dei colori bui della miseria, cerca un evasione nella luce, si è innamorato del sole. Ma nessuno vuole i suoi quadri, ed è costretto a vivere della carità del fratello Théo, il quale, benché minore di età, lo tratta come un padre comprensivo e indulgente.



Il fuoco dei girasoli
Vincent van Gogh i Girasoli 1888.JPGVincent (così, col solo nome amava firmare i propri quadri), è pervenuto alla pittura attraverso una serie di "illuminazioni" folgoranti, e non per un processo naturale di approfondimento interiore. Perciò in mezzo a tanti artisti tecnicamente e culturalmente più agguerriti di lui, fa la figura del selvaggio, dell' autodidatta. Ma il fuoco che gli brucia l' anima ed il cervello, si attacca anche a chi non lo capisce o lo fraintende. E parecchi, cominciano a guardarlo con simpatia, cercano di dargli dei buoni consigli, di aiutarlo a comprendersi affinché il genio che è in lui esploda. Oltre duecento opere sono il risultato del suo soggiorno a Parigi. Parliamo di opere, delle quali, alcune ora sono descritte come dei capolavori assoluti dai critici e dagli amanti dell' Arte, e che raggiungono spesso cifre di centinaia di milioni di euro. Ma nel periodo del soggiorno a Parigi di Vincent, queste opere pesano molto su di lui, come altrettanti fallimenti, perché i critici li ignorano, e non vi sono acquirenti. Allora preso dallo sconforto, Vincent si rifugia dal fratello, ed inizia a parlare per ore e ore, senza farlo neanche dormire. Il pittore, si infuria col fratello, si sfoga e poi magari chiede perdono. Tutte queste scene pietose, ed il ragionamento alterno del pittore, causeranno a poco a poco, delle crepe al rapporto tra i due fratelli. Se solo qualcuno comprerebbe un suo quadro, lui sarebbe felice, ricompenserebbe Théo di tutto quello che ha fatto per lui, e andrebbe a stare da solo, in un posto tranquillo, per poter continuare a dipingere. Ma Parigi è avara nei suoi confronti, tranne alcuni artisti che gli vogliono bene, tutto il resto è indifferente al suo talento. Tra i suoi amici, vi è un impiegato, che preso dal fuoco e dal furore della pittura, lascia moglie e figli, per dedicarsi all' arte. Questo grande artista era Paul Gauguin. Il 20 Febbraio del 1888, Vincent rompe gli indugi, e parte verso il sud della Francia, seguendo il consiglio di Toulouse-Lautrec un altro grande artista (vedi articolo relativo), il quale aveva detto che l' avvenire della pittura è nel sud. Vincent, si accorge che quelle parole sono "vere". Quest' uomo ormai irrimediabilmente minato dalla follia, questo artista che usa i colori come brandelli della propria anima, lanciata alla conquista del segreto ultimo e più profondo della vita, della natura, di Dio, scopre nel Sud, simboleggiato dal giallo avvampante dei Girasoli, quel paesaggio che oscuramente aveva cercato da sempre.

I corvi nel petto
Ad Arles, dove Vincent ha fissato la sua dimora, viene raggiunto da Gauguin, e vive momenti esaltanti e momenti tragici insieme l' amico, con il quale ha in comune solo la passione per la pittura. Il carattere "folle" di Vincent, lo portano come sempre a litigare con le persone che ama, e che gli vogliono bene, e questo succede anche con Gauguin, che per un tremendo litigio con Vincent, rischia quasi di perdere la vita accoltellato. Dopo come al solito, Vincent chiede perdono in lacrime, e per punirsi rivolge il coltello contro se stesso tagliandosi un orecchio. i vicini di casa inorridiscono, e lo denunciano come "pazzo". Il fratello Théo arriva subito, e decise di ricoverarlo nell' Istituto di Saint-Rémy, che è un manicomio. In questo Istituto, quando la malattia gli permette di dipingere, Vincent continua con la pittura. Afferra i pennelli e dipinge con furia di chi sa di avere i giorni contati. Il colore che usa di più è, il giallo, il colore dell' amore e del messaggio che lui, vuole gridare al mondo, in modo che tutti gli uomini lo raccolgono e sconfiggono la miseria nera che affligge il mondo. Durante una pausa, in cui Vincent sembrava migliorato, andò a Parigi dal fratello, che intanto aveva avuto un figlio al quale aveva dato il suo nome. Il pittore emozionato, chiese se poteva rimanere, ed il fratello lo portò da un suo caro amico, il Dottor Gachet, a Auvers-surOise, un uomo generoso ed amante della pittura. E proprio in questa casa, la casa del dottor Gachet, si concluderà la tragica e tormentata vita del grande pittore. Un giorno che il dottore non è in casa, Vincent guarda incantato un bellissimo campo di grano, di  un bel giallo, il "suo" giallo. Ad un tratto scopre che il paesaggio si riempie di schiere di corvi neri, che svolazzano sul campo. Sembra proprio il quadro che aveva dipinto qualche giorno prima. (Vedi sotto Campo di grano con i corvi particolare, Luglio 1890).
Vincent van Gogh Campo di grano con corvi 1890.JPG


Quei corvi lo disturbano, guastano l' armonia del paesaggio, pensa di cacciarli. Prende una pistola ed esce, nessuno dei vicini si accorge di niente o lo ferma. Ad un certo momento, alza il braccio e punta l' arma verso il cielo, poi di colpo si arresta. Non è contro il cielo, che deve puntare l' arma, i corvi veri, neri come il peccato, sono dentro di lui, proprio lì in mezzo al petto, dove pare che si sia formato un globo di fuoco. E da essi che deve liberare la campagna, il mondo...E' un attimo. Una folgorazione. Ora Vincent sorride. Ha capito dove sta il male, finalmente. Abbassa il braccio, punta l' arma verso il suo petto e spara...Il colpo improvviso rintrona il campo, i corvi neri realmente scappano. Adesso Vincent vede solo i suoi girasoli, il suo campo di grano ed il suo amato giallo. Quando arriva il fratello Théo, trova il dottore disperato, che gli dice che una speranza di vita c'è, ma è Vincent che non ha più voglia di vivere, e dopo aver detto al fratello, con voce rassegnata che la miseria del mondo non si può mai sconfiggere, muore. La storia della sua vita, di quelle due anime che la Nonna paterna aveva predetto avere in corpo, finisce così all' età di 37 anni, è il 29 Luglio del 1890. Intanto a Parigi, la voce del giovane poeta Albert Aurier, annunciava in un articolo, che "il rosso olandese" era un grande pittore..."il folle dei girasoli" era l' iniziatore di una forma d' arte nuova, destinata a imporsi nel futuro. Le opere di Vincent Van Gogh, che in alcune aste vengono battute a suon di centinaia e centinaia di milioni di euro, ne sono un esempio...

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Ma se si facesse un sondaggino?

Ragazzi,lettori, gente che passa per caso di qua, curiosoni, guardoni, insomma tu!
Ho promesso che avrei parlato solo del lato nascosto di Vincent, però la voglia di analizzare, no anzi descrivere ( è più adatto.. non voglio stancare con termini pignoli e altisonanti ) qualche opera mi sta tormentando.. :D
Quindi chiedo a voi... Quale opera scegliereste? ( non è detto che vi ascolti eh ... )

1. Notte Stellata



2. I girasoli 


3. Autoritratto con orecchio tagliato . 


4. Paesaggio Marino


5. La casa gialla 


Rispondete ! :) 
Ho scelto questi quadri perchè ognuno ha una storia dietro, che descrive un lato personale della vita di Vicent. Sono tutti legati a momenti particolari della sua esistenza :) 


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Ciak, si gira!

Visto che ho fatto tutto un post su Vincent in musica, direi adesso che posso iniziare a parlare dei film che narrano la vita del pittore. Il primo di cui voglio parlare è " Brama di vivere ".


Brama di vivere (Lust for Life) è un film del 1956 diretto da Vincente Minnelli, basato sulla vita del pittore olandese Vincent van Gogh, a partire dall'omonimo romanzo di Irving Stone.






Trama : Vincent Van Gogh è un giovane predicatore con una forte passione per l'arte e il disegno. Nonostante sia considerato negato dalle autorità religiose, viene mandato ad officiare tra i minatori della regione belga del Borinage. Qui, tra mille difficoltà e vivendo la loro vita triste e durissima, scopre la propria definitiva passione per la pittura e si getta a capofitto nell'impresa.
Viene così indirizzato da uno zio pittore che vive a L'Aia, Anton Mauve, il quale gli fornisce i primi colori e consigli tecnici. Vincent si getta nel lavoro con entusiasmo, producendo soprattutto disegni, e conosce anche le prime sofferenze amorose, innamorandosi della cugina Kee la quale lo respinge disgustata, nonostante egli si bruci la mano destra pur di vederla.
Ferito, Vincent si ferma in una taverna dove conosce Christine, una lavandaia/prostituta emarginata, alcolizzata e già madre di un bambino, che accetta di diventare la sua compagna e modella. Per breve tempo Vincent sogna di costruire una sua famiglia, ma le difficoltà economiche (non riesce a vendere niente) e la rottura con Mauve lo portano ad abbandonare Christine e a raggiungere la famiglia nel paesino di Nuenen, dove il padre predica.
A Nuenen Vincent prosegue nella propria attività, ritraendo soprattutto volti di contadini locali; ma il suo stile di vita e le sue abitudini (veste trasandato "come una bestia" e non rispetta gli orari) gli attirano ben presto il risentimento dei suoi -del padre in particolare- costringendolo quindi ad una nuova partenza, stavolta per Parigi, dove già vive e lavora suo fratello Theo, dal quale in poi verrà finanziato.
A Parigi scopre i musei, e visita le mostre d'arte contemporanea: guardando i pittori impressionisti prova grande ammirazione ma, secondo il suo parere, non riesce ad eguagliarli. Nonostante tutto continua a lavorare, e successivamente incontra, grazie al fratello (col quale la convivenza è durissima a causa dei caratteri opposti), i maestri dell'avanguardia pittorica: Pissarro, Seurat, Bernard...ma soprattutto Gauguin, col quale stringe subito amicizia e che lo convince a trasferirsi al sud per avere più luce nelle sue tele.
Vincent così si reca ad Arles, nel sud della Francia, dove dipinge sino allo stremo, arrivando a rimanere anche senza cibo e senza un tetto: viene sfrattato, e solo grazie all'interessamento del postino Roulin riesce a trovare a poco prezzo un nuovo alloggio più spazioso. Anche in questo periodo il fratello Theo lo sovvenziona, in quanto Vincent non riesce a vendere i suoi quadri. Dopo alcuni mesi Paul Gauguin raggiunge Van Gogh, dopo il soggiorno in Bretagna, ma la convivenza è oltremodo difficile, soprattutto a causa della diversità di vedute su arte e artisti e sugli stili di vita differenti. Dopo l'ennesimo litigio e le minacce di Van Gogh, Gauguin se ne va. Vincent, addolorato e di nuovo solo, in preda al dolore si recide l'orecchio sinistro e viene ricoverato in manicomio.
Qui continua a dipingere, sia nell'ospedale che all'esterno accompagnato da un infermiere, ma è ancora insoddisfatto dei propri lavori. Nel frattempo, la critica sembra accorgersi di lui, e Theo (che intanto si è sposato e ha avuto un figlio) conosce un medico, il dottor Gachet, che potrebbe riuscire a curare il fratello.
Vincent dunque lascia il manicomio, e dopo una breve sosta a Parigi raggiunge il paesino di Auvers-sur-Oise dove vive il medico. Dopo un primo dialolgo edificante con lui, Van Gogh confida a Theo che nemmeno Gachet potrà alleviargli la malinconia. Nonostante tutto, egli continua a lavorare selvaggiamente, producendo una tela al giorno se non due. Ma in preda all'ennesima crisi nervosa, si spara mentre dipinge un campo di grano sorvolato da corvi minacciosi. Morirà due giorni dopo nel proprio letto e con la pipa in bocca, assistito dal disperato Theo.

Riconoscimenti : Il film ha ricevuto quattro nomination ai Premi Oscar 1957, vincendo il premio per il miglior attore non protagonista con Anthony Quinn. Il protagonista Kirk Douglas, candidato a sua volta ma sconfitto da Yul Brynner, ha vinto invece il Golden Globe per il miglior attore in un film drammatico.
Nel 1956 il National Board of Review of Motion Pictures l'ha inserito nella lista dei migliori dieci film dell'anno.


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E tu che ne pensi del colore nero?

Caro Theo,
ho letto con molto piacere la tua lettera sul nero e mi sono convinto che non hai pregiudizi sul nero.
La tua descrizione di quello studio di Manet Le toréador mort era un'ottima analisi. L'intera lettera dimostra la stessa cosa che mi era stata suggerita dal tuo schizzo di Parigi, vale a dire che se tu ti ci mettessi, sapresti dipingere benissimo le cose a parole. In effetti, con lo studio delle leggi dei colori si può passare da una fede istintiva nei grandi maestri all'analisi del motivo per cui si ammira quel che si ammira, e ciò davvero è necessario al giorno d'oggi, quando ci si rende conto con quanto arbitrio e quanto superficialmente la gente critichi.
Devi lasciarmi mantenere il mio pessimismo sul mercato di cose d'arte di oggi, benché non sia scoraggiato su tutto. Io ragiono così. Supponiamo che io abbia ragione nel considerare che questo strano contrattare sui prezzi vada avvicinandosi sempre più al mercato dei bulbi. Ti ripeto, supponiamo che, come accadde al mercato dei bulbi alla fine del secolo scorso, il mercato di cose d'arte, assieme ad altri campi di speculazione, debba scomparire alla fine di questo secolo proprio come è sorto, vale a dire quasi di colpo. Ora, può scomparire il mercato dei bulbi, ma la floricultura resta. Per quanto mi riguarda, sono ben felice, nella buona e nella cattiva sorte, di restare un piccolo giardiniere che ama le sue piante.
Proprio ora la mia tavolozza si sta sgelando e l'aridità degli inizi è scomparsa.
È vero, faccio spesso degli sbagli quando mi metto a fare qualcosa, ma i colori seguono spontaneamente, e prendendo un colore come punto di partenza ho chiaro in mente quel che deve tenergli dietro e come ottenere una certa vitalità.
Jules Dupré assomiglia piuttosto a Delacroix nei paesaggi, perché quale mai gran varietà di stati d'animo non esprime nelle sue sinfonie di colore...

Ora una marina, con i verde-azzurri più delicati, con l’azzurro spezzato e ogni sorta di tonalità perlacee; poi di nuovo un paesaggio autunnale, col fogliame che va dal rosso vino scuro al verde brillante, dall'arancione vivo al color tabacco, e altri colori ancora nel cielo, grigi, lilla, blu, bianchi, contrastanti con le foglie gialle.
E poi ancora un tramonto in nero, viola, rosso fuoco.
Ancor più meraviglioso, ho visto una volta un suo angolo di giardino, che non ho mai dimenticato: nero nelle ombre, bianco al sole, verde brillante, inoltre un rosso fuoco e azzurro scuro, un verde marrone bitumoso e un giallo-marrone chiaro. Davvero erano colori che avevano un valore.
Mi è sempre molto piaciuto Jules Dupré e sarà sempre più apprezzato con l’andar del tempo. Perché è un vero colorista, sempre interessante, di estrema potenza e drammaticità.
Si è davvero fratello di Delacroix.
Come ti dissi, penso che la tua lettera sul nero sia molto buona, e anche quel che dici sul dipingere il colore locale è esatto. Non mi soddisfa però. A parer mio c'è molto di più nel non dipingere il colore locale.
"Les vrais peintres sont ceux qui ne font pas la couleur locale" - è di ciò che discussero una volta Blanc e Delacroix.
Non potrei forse dedurre che è meglio per un pittore iniziare dai colori della sua tavolozza che dai colori della natura? Voglio dire, quando ad esempio si vuole dipingere una testa e si osserva attentamente la realtà che si ha di fronte, si può pensare: "Quella testa è un'armonia di marrone rossastro, di viola, di giallo, tutti spezzati -metterò sulla mia tavolozza un viola, un giallo e un marrone rossastro e questi si spezzeranno a vicenda".
Della natura conserverò una certa sequenza e una certa esattezza nel disporre i toni, e studio la natura in modo da non fare sciocchezze e restare nei limiti del ragionevole; tuttavia, non mi importa che il mio colore sia proprio lo stesso, purché sia bello sulla tela, tanto bello quanto in natura
Un ritratto di Courbet è molto più vero -virile, libero, dipinto con ogni sorta di bei toni di marrone rossastro, di oro, di viola più freddo nelle ombre, con del nero come repoussoir, con un pezzetto di biancheria, per riposare l'occhio- migliore di qualsiasi ritratto di chiunque altro abbia imitato il colore del volto con una precisione orribile.
Una testa virile o femminile, osservata bene e con calma, è divinamente bella, non è vero? Ebbene, si perde l'armonia generale dei toni della natura con un'imitazione penosamente esatta; mentre la si mantiene ricreando una gamma cromatica parallela che può non essere precisamente quella del modello, o addirittura ben diversa.
Bisogna fare sempre uso intelligentemente dei bellissimi toni che i colori creano di loro propria iniziativa quando li si spezza sulla tavolozza, ti ripeto -bisogna iniziare dalla propria tavolozza, dalla conoscenza che si ha dell'armonia dei colori, il che è ben altra cosa del seguire servilmente e meccanicamente la natura.
Eccoti un altro esempio: supponiamo che io dipinga un paesaggio autunnale, degli alberi con delle foglie gialle. Va bene -una volta che io l'abbia concepito come una sinfonia di giallo, che importa se il giallo è lo stesso di quelle foglie o meno? È cosa di ben poca importanza.
Molto, tutto direi, dipende dalla mia capacità di percepire le infinite varianti della tonalità di una stessa famiglia di colori.
Forse che questa tu la chiami una tendenza pericolosa verso il romanticismo, una mancanza di fedeltà al "realismo", un peindre de chic, un dare maggior valore alla tavolozza del colorista che alla natura? Beh, que soit. Delacroix, Millet, Corot, Dupré, Daubigny, Breton e altri quaranta nomi, non sono forse essi il cuore e l'anima della pittura di questo secolo e non sono forse tutti radicati nel romanticismo anche se lo hanno superato?
Il romanticismo fa parte del nostro tempo e i pittori devono pure avere immaginazione e sentimento. Per fortuna il realismo e il naturalismo non ne sono indenni. Zola crea, non pone uno specchio davanti alle cose, crea magnificamente, ma crea, infonde poesia, ed è per questo che è tanto bello. Questo è quanto ti dico del naturalismo e del realismo, che restano legati al romanticismo.
Ti ripeto, mi commuovo quando vedo un quadro dell'epoca che va dal 1830 al 1848, un Paul Huet, un Israëls vecchia maniera come Il pescatore di Zandvoort, un Cabat, un Isabey.`
Trovo però tanta verità in quel motto "Ne pas peindre le ton local", che preferisco di gran lunga un dipinto eseguito su una scala cromatica molto più bassa della natura ad un quadro identico alla natura.
Preferisco un acquerello impreciso, non finito, piuttosto che uno trattato in modo da simulare la realtà.
Quel detto, "Ne pas peindre le ton local", ha un significato vasto, e dà al pittore la libera scelta dei colori affinché creino un insieme, armonizzino e spicchino di più in contrasto con un altro schema cromatico.
Che mi importa se il ritratto di un distinto cittadino mi dice esattamente qual era il colore insipido, bluastro come latte annacquato, del volto di quel pio individuo -che mai avrei guardato in faccia. I cittadini del paese dove il tizio di cui sopra si è reso tanto benemerito da sentirsi in dovere di lasciare la sua fisionomia ai posteri sono invece estremamente soddisfatti della precisione esatta
Il colore in sé non vuol dir nulla, non se ne può fare a meno, lo si deve impiegare; quel che è bello, realmente bello -è anche giusto: quando Veronese dipinse il ritratto del suo bel mondo nelle Nozze di Cana spese tutta la ricchezza della sua tavolozza in viola scuri, in meravigliosi toni dorati. Poi -pensò anche a un lieve azzurrino e a un bianco perlaceo -che non compaiono nel primo piano. Egli li profonde nello sfondo -ed era giusto farlo, perché si trasfonde nell'atmosfera che circonda i palazzi marmorei nel cielo, completando in modo caratteristico il gruppo delle figure.
Quello sfondo è tanto bello che deve essere sorto spontaneamente da un calcolo di colori.
Sbaglio forse?
Non è forse dipinto diversamente da come sarebbe se si fosse pensato contemporaneamente al palazzo e alle figure come a un insieme?
Tutta quella architettura e il cielo sono convenzionali, dipendono dalle figure, sono calcolati per far spiccare magnificamente le figure.
È quella davvero la vera pittura e il risultato è più bello dell'esatta imitazione delle cose. Pensare a una cosa e far sì che l'ambiente appartenga ad essa e da essa derivi.

Ti scriverò di nuovo presto e questa lettera te la mando di fretta per dirti che mi ha fatto piacere quel che mi dici del nero.

Addio
sempre tuo, Vincent
[Neunen, fine di ottobre 1885]

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Un viaggio tra le stelle.

 "... Guardare le stelle mi fa sempre sognare, così come lo fanno i puntini neri che rappresentano le città e villaggi su una cartina. Perché, mi chiedo, i puntini luminosi del cielo non possono essere accessibili come quelli sulla cartina della Francia? Come prendiamo il treno per andare a Tarascona o a Rouen, così prendiamo la morte per raggiungere le stelle.  ..."
Tratto da una lettera a Theo del 1888

Ho deciso di parlare di un argomento un pò atipico, che solitamente non viene accennato nell'analisi dei quadri di Vincent ovvero l'analisi astronomica delle costellazioni che ritroviamo rappresentati nei quadri di Van Gogh. Cominciamo con la notte stellata. 

Notte stellata



Dal 1883 al 1889 Van Gogh si dedicò, in diverse occasioni, alla rappresentazione del cielo e "Notte stellata" è senza dubbio l'opera più rappresentativa delle diverse e affascinanti atmosfere notturne da lui dipinte. Sulla data esatta dell'esecuzione di quest'opera, la maggior parte degli esperti sono concordi nel sostenere che sia stata dipinta poco prima dell'alba del 19 Giugno 1889, ma su tale data non mancano controversie che ci sentiamo di condividere dopo l'attenta lettura di alcune lettere della ricca corrispondenza di Vincent Van Gogh con il fratello Theo. L'artista, infatti, fa esplicito riferimento all'opera "Notte stellata" in una lettera risalente al 2 giugno (Lettera n. 593) e l'esistenza di due lettere successive, (lettere n. 594 e n. 595 rispettivamente del 9 Giugno e del 19 Giugno 1889), ci porta a quasi un mese prima del 19 giugno 1889. 
"[...]  Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del Sole, e non c'era che la stella del mattino, che sembrava molto grande. Daubigny e Rousseau hanno già dipinto questo, esprimendo tutta l'intimità, tutta la pace e la maestà e in più aggiungendovi un sentimento così accorato, così personale.
Non mi dispiacciono queste emozioni. [...]
 
Credo che faresti bene a lavare quelle tele che sono ben asciutte con acqua e un po' di alcool etilico per togliere il grasso e l'essenza della pasta. Così anche per il Caffè di notte, il Vigneto verde, e soprattutto per il paesaggio che era nella cornice in noce, Anche per la Notte (ma lì ci sono ritocchi recenti, che con l'alcool etilico potrebbero spandere). [...]
Per quanto riguarda la mostra degli indipendenti, mi è assolutamente indifferente, fa' come se non ci fossi. Per non rimanere assente e per non esporre qualcosa di troppo pazzo, forse potresti mandare Notte stellata
e il paesaggio verde-giallo, che era nella cornice di noce. Poiché sono due quadri di colori contrastanti, forse riusciranno a dare agli altri lo spunto per ottenere effetti notturni migliori.  [...]"
Lettera n. 593 a Theo (2 giugno 1889)
 Il riferimento al 19 giugno è basato su un breve accenno nella lettera n. 595 in cui l'artista afferma:
"[...] Infine ho uno paesaggio con gli ulivi e anche uno studio di un cielo stellato. [...]"
 ma ci sembra poco per sostenere che quella notte abbia realizzato l'opera. 
Analizziamo quindi le considerazioni soprastanti: Venere (la stella del mattino), alla fine di maggio e ai primi di giugno 1889 era effettivamente al massimo di luminosità ed era osservabile poco prima dell'alba. Per determinare la data di esecuzione dell'opera c'è anche da considerare che il 19 giugno 1889 la Luna era ai tre quarti e non al primo quarto come appare nel dipinto. Per trovare una data plausibile occorre quindi risalire al 23 Maggio 1889, quando la Luna era al primo quarto e le stelle corrispondevano maggiormente a quelle dipinte, come si nota nei due confronti sottostanti con le ricostruzioni dei cieli che Van Gogh avrebbe potuto osservare guardando verso est dalle latitudini di Saint-Rémy, poco prima dell'alba nelle notti del 19 giugno e del 23 maggio. 
19 Giugno 1889
23 Maggio 1889
Si vuole ricordare inoltre che dipingere un'opera di dimensioni 72 x 92 cm non è come scattare una fotografia. Occorre del tempo e tra l'inizio e la fine di un tale lavoro e il moto verso Ovest della volta celeste (corrispondente all'angolo in alto a destra dell'opera) avrà sicuramente creato problemi all'autore. 
Studio di una veduta di campo nei pressi
dell'ospedale Saint-Paul-de-Mausole

Si tratta comunque di un'ipotesi per la quale non ci prefiggiamo di fare approfondimenti perché ha poca rilevanza in che data l'artista abbia rappresentato il cielo e tanto meno ne ha riscontrare in che misura le posizioni delle stelle dipinte siano esatte. Ciò che riteniamo importante è invece dimostrare in che misura Van Gogh abbia subito il fascino della volta celeste. 
Questo è stato il periodo in cui Van Gogh era ricoverato nell'ospedale psichiatrico Saint-Paul-de-Mausole, nel sud della Francia, vicino alla cittadina di Saint-Rémy, ma questa era anche l'epoca in cui l'imperialismo entusiasmava e stimolava l'immaginazione degli intellettuali e degli artisti che, con l'Esposizione Universale di Parigi nel 1889, trovarono il massimo stimolo per rafforzare il legame tra l'arte e l'astronomia. Dalle lettere scritte al fratello "Theo", si comprende che l'ispirazione per questo genere di rappresentazioni sia scaturita dalla lettura del romanzo "I Miserabili", nel quale il vescovo Myriel, un personaggio secondario, suscitò in lui grande ammirazione per le profonde riflessioni sul cielo stellato narrate nel celebre romanzo di Victor Hugo. Nelle sue lettere Van Gogh si lamentò più volte con il fratello di non poter visitare l'Esposizione di Parigi perché era sotto terapia e in queste trapela anche il profilo di un uomo lucido e coerente anche se turbato per il suo stato precario di salute, dovuto forse alla vita sregolata che conduceva, alle numerose delusioni e, soprattutto, dagli attacchi di epilessia che gli lasciavano dei vuoti di memoria insopportabili. Osservando Notte stellata, ad esempio, resta difficile credere che sia il prodotto di una mente folle. Oggi si conosce molto della sua breve e straordinaria vita che, da lì a pochi mesi, dopo la sua uscita dall'ospedale, si sarebbe spenta con il suicidio, ma di lui resta ancora difficile abbattere il cliché del genio folle. Del suo indiscutibile genio ci restano comunque le meravigliose atmosfere siderali, come "Esterno di caffè, di notte" o come "Notte stellata sul Rodano" dipinti solo un anno prima di "Notte stellata". 

Esterno di caffè, di notte


In questo dipinto, eseguito ad Arles presumibilmente nella tarda estate del 1888, Van Gogh ha ritratto l'esterno di un caffè sotto un cielo stellato in cui si riconosce la costellazione dell'Acquario. La prospettiva riprende una stretta stadina rivolta a sud verso Place du Forum. Nelle sue lettere Van Gogh descrisse le circostanze in cui aveva realizzato l'opera:
"[...] Finora non mi hai detto se hai letto Bel Ami di Guy de Maupassant oppure no e cosa ne pensi del suo talento. Te lo dico perché l'inizio di Bel Ami contiene una descrizione di una notte illuminata di stelle a Parigi con i caffè vivacemente illuminati sul boulevard ed è pressappoco lo stesso soggetto che ho appena dipinto. [...]"
(Lettera 543)

Notte stellata sul Rodano

 
In quest'opera si individua facilmente la costellazione dell'Orsa maggiore, o Gran Carro, che l'artista ha dipinto nel settembre 1888, quando si trovava ad Arles. Anche in questo caso c'è un riferimento da fare ad una sua lettera a Theo: 
"[...] Sto lavorando su sette tele da 30 ... e per ultimo a uno studio del Rodano, della città illuminata dai lampioni a gas riflessi nel fiume blu. In alto il cielo stellato con il Gran Carro, un luccichio di rosa e verde sul campo blu cobalto del cielo stellato, laddove le luci della città e i suoi crudeli riflessi sono oro rosso e verde bronzeo. [...]"
(Lettera 553b)
 Ci sono poi altri esempi in cui Van Gogh rappresentò la falce della Luna ed altri oggetti celesti:
 
Cipressi




 
*****************************
In alto alla pagina ci siamo ci siamo "divertiti" a fare delle ipotesi sulla data di esecuzione dell'opera "Notte stellata", basandoci esclusivamente sulle elaborazioni di dati ottenuti con programmi appropriati e sulle lettere di Van Gogh, ma c'è chi svolge questo tipo di ricerche in modo molto più approfondito. 
Evening Landscape with Rising Moon
Riportiamo qui la notizia del risultato di una di queste ricerche portata a termine dall'astronomo Donald Olson . Si tratta di studi che hanno permesso di calcolare con precisione la data e l’ora dell'esecuzione di quest'opera.
Si trattava del 13 luglio 1889, alle 21:08. Ne abbiamo le prove astronomiche”, affermano l’astronomo Donald Olson e i suoi colleghi. Questi hanno inoltre scoperto che, 114 anni dopo, in coincidenza con il 13 luglio 2003, la Luna piena offrirà il medesimo scenario immortalato dall'artista olandese.
Il luogo dove Van Gogh ha realizzato quest'opera è ancora Saint-Rémy-de-Provence, dove, nel giugno del 2002, il gruppo di ricercatori si è recato con appropriate strumentazioni per eseguire le ricerche, giungendo a stabilire due possibili datazioni: 16 maggio oppure 13 luglio 1889. Poiché il grano nel quadro era già dorato e raccolto, ne hanno dedotto che doveva trattarsi di luglio. Un'altra coincidenza importante, ma del tutto casuale, consiste nel fatto che nel 2003 ricada il 150esimo anniversario della nascita di Van Gogh. Casualità non di poco conto considerando che, anche se c’è una Luna piena ogni mese, questa rivisita lo stesso punto del cielo soltanto una volta ogni 19 anni. 

La vista che godeva Van Gogh dalla sua cella all'interno del complesso psichiatrico di Saint-Rémy-de-Provence. Da questa foto risultano palesi le analogie con l'opera esaminata, ma anche con numerose altre opere tra cui lo studio a matita sopra riportato. Guardandoci bene dal voler cercare per ognuna di queste l'ora esatta dell'esecuzione, vogliamo elencarne solo alcune per dimostrare, pur in tali costrizioni e condizioni di salute, quanto Van Gogh trovasse ispirazione e giovamento nel riprodurre oggetti siderali. 
 
Enclosed Wheat Field with Reaper
Saint-Rémy late June1889


Enclosed Field with Rising Sun
Saint-Rémy December, 1889
A volte le condizioni del tempo non lo permettevano ma... una falce di Luna, anche se costretto a modellare le nuvole, la inseriva lo stesso! :-)

Wheat Field Behind Saint-Paul Hospital
Saint-Rémy November-December, 1889 
 

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